Priorità storiche

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 29/11/2011, 23:37
Avatar

Advanced Member

Group:
Fortezza dei Demoni
Posts:
7,330
Location:
Chronoplast

Status:


Vladek Turnadrom

vladicon
Il piccolo demone correva per i corridoi, con un plico in mano. Non che fosse niente di vitale (stato della riserva di liquore della taverna, che calava a velocità paragonabili solo a quelle dei neutrini), ma al capo piaceva avere tutto sotto controllo.
Arrivato alle porte del suo ufficio, si schiarì la voce, bussò e aprì.
"Signore, ci sarebbero.."
Si bloccò. Il Comandante non era in sede. La stanza era vuota, se si eccettuava Zaren, in piedi, picca alla mano, davanti alla scrivania. Il demonietto lo guardò, stralunato.
"Guardia Zaren? Che ci fa qui?"
"La guardia. Che altro?"
"E il Comandante?"
"Non c'è. Mi ha personalmente lasciato qui di guardia."
Il demonietto lasciò cadere la mandibola inferiore, stupito. "Il Comandante è uscito? Da solo?"
"Già. Pare incredibile anche a me, ma il capo è il capo. Saprà ben quello che vuole e deve fare, no?"
"Certo, certo, ma non era mai uscito da solo, prima, non senza avvertire la guarnigione..."
Il demonietto lasciò il plico sulla scrivania, quindi si avviò verso l'uscita, scuotendo la testa.
"Dove diavolo sarà andato..."
-------------------------------------------------------
Continente di Galbadia, coste a sud est della grande città di Jumalulu, notte. Una donna stava passando per la strada vuota. Si guardava intorno, come se si sentisse osservata. E, in effetti, lo era.
L'osservatore se ne stava accovacciato su un vicino edificio disabitato, che le intemperie avevano provveduto a scoperchiare. La donna era il suo obbiettivo. Estrasse il pugnale, lasciando che riflettesse per un secondo la luce della luna, quindi saltò. L'aveva già fatto parecchie altre volte, e dava per scontato che fosse impossibile evitare un attacco del genere. Già pregustava gli onori della vittoria, una volta a casa...
Si bloccò a mezz'aria. Qualcuno pareva aver afferrato il suo vestito, e ora lo stava tirando indietro. In un istante, il ragazzo (tale si rivelò quando, cadendo, il suo cappucciò si scostò) crollò a terra, in un vicolo buio a fianco della casa dove si trovava prima. La donna, spaventata dal rumore improvviso, scappò, ma lui non le badò. Aveva occhi solo per la figura scura che lo scrutava dalle ombre.
"Bene, bene, bene. Ecco il nostro assassino. Non sei altro che un novellino, vedo... Non che questo migliori la tua posizione."
Il ragazzo si tirò indietro, spingendosi con braccia e gambe. La figura non si mosse, e lui capì presto il perchè: era un vicolo ceco.
"Chi diavolo... Che vuoi, tu? Sparisci, o ti farai parecchio male!"
"Ma davvero."
Non c'era il minimo timore, in quella voce. In effetti, il ragazzo si rese conto che, tra i due, quello spaventato era lui, e lui solo.
"Devi essere stato tu a colpire, in questo stesso posto, non molto tempo fa" disse la figura in ombra. Il ragazzo non potè trattenere un brivido. Come diavolo lo sapeva?
"Che stai dicendo? Non so di che parli, io sono arrivato oggi! Io volevo solo..."
"Dove vi nascondete?"
L'assassino in erba si bloccò. Non poteva certo intendere quello che gli stava passando per la testa.
"Non capisco cosa..."
"Dove si nasconde la Gilda?"
Quelli erano problemi. L'uomo, se uomo era, sapeva di loro? Come faceva a conoscerli? Ci avrebbe pensato dopo. Era un testimone scomodo, e andava eliminato.
Il ragazzo prese un respiro profondo, quindi fece una capriola all'indietro, rimettendosi in piedi, e scattò verso l'avversario, con il pugnale sguainato. Lo avrebbe aperto da orecchio a orecchio. Avrebbe smesso di fare domande. Nessuno scampava ad un assassino!
Potrete certo immaginare la sua delusione quando l'uomo schivò, con grande fluidità, il suo colpo. Delusione che divenne terrore, quando questi gli afferrò il braccio, glielo torse passandolo dietro la schiena e lo fece ricadere a terra, tenendolo giù con un piede. Quel tipo era in gamba. Molto. Quelle mosse significavano solo una cosa...
"Tu... tu sei uno dei nostri! Sei uno della Gilda! Perchè ti comporti così? Che cavolo ti piglia?"
L'uomo rispose tirandogli il braccio e strappandogli un gemito di dolore.
"Non osare paragonarmi a voialtri. Io non sono uno di voi. E ora parla... Dov'è la Gilda?"
Calcò il piede sulla schiena. Il ragazzo gemette più forte.
"Non... Non lo so! Io sono solo un nuovo membro! Sono di Dollet, mi hanno arruolato lì, non sono ancora stato alla Gilda!"
La figura parve bloccarsi per un secondo. Aveva senso. Significava anche che la degenerazione era ben maggiore del previsto, però.
Il ragazzo si agitò, ma la figura non mollò di un centimetro. Sembrava sapere il fatto suo, e parecchio, forse anche più dell'addestratore che aveva avuto cura del giovane assassino nell'ultimo anno.
"Ma chi diavolo sei, tu?"
La domanda parve suscitare l'interesse della figura, o almeno stuzzicarla, perchè quella si piegò su di lui e prese a parlargli, con quella calma irritante che non aveva abbandonato sin dall'inizio, e che, ora il ragazzo lo comprendeva bene, aveva tutto il diritto di mantenere.
"Chi sono io? Ma tu guarda che domanda interessante. Io sono tante cose, ragazzo. Sono un mostro. Uno studioso. Un combattente. Ma di questo, a te non importa. Quello che importa a te è altro. A te importa che io sono la mano armata di vittime della cupidigia e del decadimento. Sono l'occhio arrossato d'ira dei predecessori che assistono al declino che tu, i tuoi compagni e i tuoi superiori avete portato all'Ordine. Sono lo spirito di un ideale nobile e potente, per il quale un tempo decine di uomini valenti hanno dato volentieri la vita, calpestato, abusato e sfruttato in nome del Dio denaro. Sono una persona cattiva, l'ultimo che possa ergersi a difesa di qualcuno, nè mi interessa farlo. Ma un ideale non è una persona, un ideale è qualcosa di molto maggiore, e se l'ideale ha un'importanza così grande, merita tutto il rispetto che possiamo portargli. Non sono un difensore, non sono qui per salvare vite, sono qui per esaudire il desiderio di rivalsa di secoli di onore gettati al vento. Sono un messaggero di morte, sventura, cambiamento. Sono il nodo che viene al pettine."
La figura parve quasi ghignare, nell'ombra, ma non era che un gioco di luce. O no?
"Io sono la vendetta degli Hashashyn. Ma tu... Tu puoi chiamarmi solo Vladek."
Nessuno udì nulla, nè durante la conversazione, nè dopo. Venne scoperto che era accaduto qualcosa solo il mattino dopo, quando i locali fecero un agghiacciante ritrovamente proprio in quel vicolo: un giovane curiosamente vestito era stato ucciso. Qualcuno gli aveva tagliato la gola.
codice scheda © poeta


Edited by Alucard Tepes III - 1/12/2011, 16:46
 
Top
view post Posted on 30/11/2011, 22:23
Avatar

Advanced Member

Group:
Fortezza dei Demoni
Posts:
7,330
Location:
Chronoplast

Status:


Vladek Turnadrom

vladicon
Comprendere perchè uno come Vladek, qualcuno che non si curava di nulla se non se stesso e, eventualmente, la Fortezza, fosse andato a cercare un apprendista assassino, specie quando era ben noto che lo era anche lui, può risultare complicato. Lo sarebbe molto meno se si tenesse a mente che i dettami dell'Ordine- i suoi ideali - sono stati parte integrante del modo di pensare di Vladek per parecchio tempo. Un millenio e mezzo, per la precisione. Contrariamente a quanto si possa pensare, gli Assassini non uccidevano passanti. Avevano obbiettivi ben precisi. Il fatto che tali obbiettivi paressero non esistere più era ciò che lo aveva messo in allarme. Ulteriori indagini avevano dissolto ogni dubbio. C'era del marcio, in quella Gilda...
Gilda, sì, perchè i tempi dell'Ordine erano passati da secoli, ormai. Col cambio continuo di Grandi Maestri e l'adattarsi della cultura, l'Ordine degli Hashashyn era diventata la Gilda degli Assassini. Il che, di per se, non sarebbe stato un male. No, il problema era quanto detto prima... E altro. Qualcosa di molto peggio.
Erano passati due giorni, e la luna piena avrebbe illuminato la notte di Dollet, non fosse stato per le spesse nuvole nere.
Vladek se ne stava, come suo solito, su un tetto, meravigliandosi ancora che nessuno si desse mai la pena di alzare il naso. Essere vestiti di nero al buio aiutava, ma gli pareva un po' strano. Era una situazione che si ripeteva da qualche secolo, però. Sempre curiosa, ma ormai il demonio vi si era abituato.
Concentrò lo sguardo sull'abitazione davanti a sè, poco lontano dal centro. Dollet era scampata all'attacco dei Demoni rilasciati dal Lunatic Pandora in virtù della sua distanza da pressochè ogni continente (o isola di dimensioni maggiori ad una decappottabile), e quella casa pareva avere i suoi begli annetti sul groppone. Non che importasse molto, ora come ora. Il buio gli impediva di vedere al meglio, ma quello non era mai un problema. Chiuse gli occhi e lasciò che il suo addestramento da Hashashyn facesse il suo lavoro.
Come dipinta sulle sue palpebre chiuse, l'area circostante si rivelo, illuminata da una sorta di luce grigia. Un gatto dormicchiava su un cavo vicino. Più importante, due uomini stazionavano davanti alla porta, sotto il portico. Parevano intenti a chiaccherare tra loro. Mercenari, forse. Magari erano addirittura Assassini. Un buon momento per mettere alla prova i suoi successori.
Lanciò un pugnale per terra, nel mezzo del cortiletto interno. I due uomini sentirono il rumore, si scambiarono un cenno d'assenso e andarono a controllare. Vladek sospirò. C'era da sperare che non fossero Assassini formati.
Saltò, sfoderò le lame celate e atterrò piantando ognuna di esse in uno dei crani dei guardiani, che si abbatterono al suolo senza nemmeno vedere cosa li aveva stesi. L'Hashashyn si alzò, scosse via il sangue dalle lame e oservò l'entrata. Filtrava luce dalla porta, e la finestra della cucina mostrava all'interno due uomini armati, vestiti di bianco. Quelli erano veri Assassini, non c'era dubbio. Armati con gran belle spade. Entrare dalla porta era una brutta idea. Fortunatamente, Vladek ne aveva una migliore.
La finestra si infranse, spaccata dal pugnale, che atterrò sul tavolo. I due Assassini ebbero giusto il tempo di guardarsi in faccia, poi il pugnale rilasciò una nuvola di fumo bianco. La stanza venne riempita dal fumo, mentre i due uomini tossivano e bestemmiavano. Si udì un vetro che si spaccava, gorgogli e lacerazioni, poi più nulla.
Quando il fumo filtrò del tutto dalla finestra, uno degli Assassini era impalato al muro, tenuto attaccato dalla sua stessa spada che gli trapassava il petto, mentre l'altro esibiva un profondo taglio alla gola, che zampillava gioioso. Il Demonio osservò la spada del secondo uomo. Più elaborata che affilata. La lasciò cadere per terra con un certo disgusto, aprì la porta ed entrò in quella che riteneva la sala principale della casa.
Si fermò appena vi arrivò al centro. Era quasi rincuorato. Allora qualcuno di loro sapeva cavarsela...
Il primo si limitò a tentare di saltargli addosso e pugnalarlo con un volgare coltello. Vladek schivò sulla destra, e quello si piantò a terra. Ricevette una gomitata al volto, quindi il Demonio si voltò, estrasse la lama celata sinistra e lo pugnalo in mezzo agli occhi. E il primo era andato.
Il secondo era nascosto nel corridoio verso cui l'Hashashyn si stava dirigendo, e lo caricò di corsa. Brutta idea. Vladek si voltò all'ultimo, lanciando contro il novellino un rapido calciò volante, che lo mandò lungo disteso a faccia in giù. A quel punto, non dovette far altro che alzare il piede destro e schiacciare violentemente la testa del suo tentato assalitore per metterlo a tacere. Alzò lo sguardo. C'era una luce accesa nella stanza in fondo al corridoio davanti a lui. Il che significava che il suo ultimo compagno di giochi per la serata era lì. Diede un'ultima occhiata ai cadaveri dei poveracci che si era lasciato dietro ed entrò nella stanza illuminata.
Saltò fuori che era una cantina. In fondo alla piccola scala c'era quella che pareva essere una tomba parecchio antica. E davanti alla tomba c'era il suo ultimo obbiettivo. Un uomo di circa cinquant'anni. Con un fucile. Un'accoglienza davvero calorosa.
Sparò, ma Vladek fu più rapido. Si lanciò sulla sinistra, mancando il proiettile, che esplose sui gradini dietro di lui. Per tutta risposta, il Demonio lanciò un pugnale, fece saltare il fucile dalle mani dell'uomo, quindi vi si scagliò contro. Quello tento di intercettarlo con un pugno, persino ben dato. Non era, però, un pugno all'altezza di quelli a cui era stato abituato dai suoi confratelli. Si abbassò, evitando il colpo, quindi rispose piantando le dita della mano destra nel ventre dell'avversario, che urlò di dolore. Eseguì quindi una spazzata di piede, facendo finire l'Assassino a terra, e, con un rapido movimento del braccio destro, fece scattare la lama celata e gli tagliò la gola.
Si rialzò. Il problema dell'infestazione di quei parassiti pareva risolto. Ora, la sua attenzione era attratta da altro.
Si avvicinò all'antica tomba in pietra. Dovevano aver scavato quello scantinato per ritrovarla. Ma di chi...
Vladek! Vladek Turnadrom!
Stupito di sentirsi chiamare per nome, Vladek si voltò. Osservò l'apparizione dietro di lui. Quello non se l'aspettava davvero.
Grande Maestro Al Tahir. Ma guarda un po'. Pensavo fosse morto quasi un millenio e mezzo fa...
codice scheda © poeta
 
Top
view post Posted on 1/12/2011, 22:37
Avatar

Advanced Member

Group:
Fortezza dei Demoni
Posts:
7,330
Location:
Chronoplast

Status:


Vladek Turnadrom

vladicon
Al Tahir era stato il primo Grande Maestro della Confraternita, nonchè suo fondatore. Per quanto fosse molto potente, era anche molto umano, ed era, di conseguenza, effettivamente morto ormai da più di un millenio. Quello era il suo spettro, cosa resa anche più ovvia dalla sua semitrasparenza. Vladek non si scompose. Non era il primo spettro che vedeva, senza contare che certamente non poteva spaventarsi.
Il Grande Maestro lo osservò, quasi orripilato.
Vladek... Il mio miglior allievo... Cosa sei diventato? Trasudi malvagità! Spargi il sangue dei tuoi confratelli davanti al luogo del mio eterno riposo! I Dettami non hanno dunque più alcuna importanza, per te?
Vladek si tolse il cappuccio, più per rispetto al suo antico maestro che altro, e vi puntò contro il dito.
Attento a lei, Gran Maestro. Io la rispetto molto, ma non accetterò insulti del genere da nessuno. L'essere spettro non la salverà.
E allora spiegami, Vladek. Perchè? Perchè tutto questo? Non stai forse tradendo i Dettami?
Vladek scosse la testa. Non capiva proprio.
Lei parla di confratelli, Grande Maestro. Ma non ce ne sono, qui. Mi creda, non ce ne sono affatto.
Lo spettro parve sconvolto. Probabilmente era convinto che Vladek si fosse scordato tutto. Errore. Madornale errore. In effetti, Vladek ne sapeva più di quanto ne sapesse ai tempi del suo addestramento, un millenio e mezzo fa.
L'Ordine degli Hashashyn non era sorto per caso. Rispondeva ad un bisogno ben preciso, un bisogno di equilibrio. Esistevano da sempre, infatti, ordini di Cavalieri Mistrici dediti alla salvezza del'umanità, il che non era strano. Tra di loro, tuttavia, ve n'era un ordine quasi ignoto: l'ordine della Croce Spinata. Simbolegiati da una croce di ossidiana con una rosa arrotolata intorno, l'ordine della Croce Spinata aveva intrapreso una crociata molto particolare: dava la caccia alle Streghe e ai libri di stregoneri, rei di formarle. Le Streghe erano, per i Cavalieri, malvagie e meritevoli solo di una morte orrenda.
Al Tahir era uno dei Cavalieri dell'ordine, ma non accettava la cosa. Era convinto che vi fosse un equilibrio in tutto, incluse le Streghe; come ve n'erano di folli assassine, ve n'erano di utili alla società. Fu per questo motivo che decise di opporsi ai suoi ex compagni come meglio poteva, e creò l'Ordine degli Hashashyn.
L'Ordine aveva uno scopo ben preciso: recuperare i tomi di magia e restituirli alle Streghe, lasciando poi loro la possibilità di svilupparsi. Si occupavano, inoltre, di eliminare le Streghe che impazzivano di potere, ma non quelle che decidevano di intraprendere la strada del "Male". Perdere il controllo era inaccettabile, ma nessuno impediva loro di scegliere da che parte stare.
La cultura degli Hashashyn si basava sui Dettami, tre regole molto chiare: 1) Rispetta la Cultura e il Potere; 2) Non tradire mai l'Ordine; 3) Non bagnarti mai del sangue dei Confratelli. Vladek ricordava alla perfezione quelle regole, Dettami che il primo Grande Maestro, Al Tahir stesso, gli aveva insegnato quando l'allora giovane umano era stato suo allievo. Mai aveva tradito gli ideali. Mai gli era passato anche solo per l'anticamera del cervello di farlo. La Cultura e il Potere erano sempre al primo posto, l'Ordine era rimasto al sicuro, con lui, e non aveva mai fatto del male ad un confratello. Quanto alle Streghe...
Ripeto, allora spiegami, Vladek. Ti prego, rivelami che è tutto un errore. Dici che hai seguito i Dettami. Ebbene, rispetti ancora il Potere della Cultura?
Vladek annuì solennemente. Aveva un visione un tantino diversa del potere dei libri, e, quindi, della cultura, ma li stimava e rispettava comunque.
E le Streghe, Vladek? Avevi giurato di aiutarle.
E l'ho fatto. Pensa forse che quelle due Streghe, quelle che divennero così famose 500 anni fa, si siano addestrate da sole? Io ho insegnato loro quel che serviva.
Il Grande Maestro lo ascoltò attentamente. C'era solo sincerità, in quelle parole.
Perchè non hai fermato la più pericolosa delle due? Era evidentemente fuori da ogni controllo.
La strega più pericolosa... Già, se la ricordava. La sua alunna più promettente. E più folle.
Non era una buona idea.
Non era una buona idea? Che diavolo vorrebbe dire, Vladek? I Dettami parlano chiaro!
Gli uomini non sanno guardare la realtà senza filtri che la imbellettino. Vedersi minacciati da una Strega e salvati da un Demonio li avrebbe gettati nello sconforto più totale, che sarebbe degenerato in uno squilibrio letale. Per questo non ho agito. Ci volevano eroi umani, e quei SEED erano la risposta al problema. D'atronde, pensa forse che sia stato con le mani in mano? Ch pensa abbia fornito loro la Lampada per evocare Diablo? Chi ha convinto gli abitanti di quella piccola isoletta a vendere loro Ultima, la magia più potente e pericolosa? Li ho seguiti, sempre, e li ho aiutati quando avevano bisogno. Se la sono cavata discretamente per conto loro, ragion per cui non è stato necessario intervenire di persona. Chiaro, ora?
Ancora una volta, il Grande Maestro non rispose. Sembrava più convinto di prima, però.
Mi ascolti. Io non ho mai tradito i Dettami. Può sembrarlo, lo ammetto, vedendo quello che ho appena fatto... Ma c'è una spiegazione molto semplice, per quanto poco le piacerà.
Al Tahir annuì. Rivelamela, allora. Spiegami quale ragione spingerebbe un Hashashyn a uccidere suoi confratelli.
Per un momento, un solo, fugace momento, Vladek pensò che sarebbe stato troppo, per il vecchio, ma lo rispettava troppo per non dirgli tutto.
La verità è che l'Ordine non esiste più. Oh, certo, ci sono uomini che girano vestiti come noi e si dicono nostri discendenti, ma non lo sono. Perchè pensa che le Streghe siano scomparse? Da solo non potevo fare abbastanza.
Il Grande Maestro non fu stupito dalla rivelazione. In effetti, sarebbe più corretto dire che ne fu orripilato.
Non esiste più? Ma... e allora costoro chi...
Si fanno chiamare Assassini. Seguono ancora i Dettami, ma solo di facciata. L'Ordine è diventato nulla più che una Gilda di killer a pagamento, che si nasconde dietro parole vuote. Per questo li ho uccisi. Non sono che traditori del nostro credo, e non meritano altro.
Lo spettro scattò. Questo è impossibile! Che prove avresti per sostenere tali accuse?
Osservazione diretta. E questo, a cui il nostro amico sdraiato qui per terra pareva tenere motlo, visto che l'aveva addosso...
Poggiò sul sarcofago davanti a lui una busta, e il Grande Maestro la osservò, tremante. Vladek la aprì. La lettera al suo interno conteneva denaro e la richiesta di recuperare un libro di magia. Questo poteva essere spiegabile, però. Magari una Strega chiedeva aiuto e offriva sostegno economico...
Quando, però, l'occhio dello spettro cadde sulla firma in fondo ala lettera, Al Tahir comprese che il suo allievo non mentiva affatto. C'era un simbolo, al posto della firma. Una croce con una rosa intorno.
Non li conoscono nemmeno più. L'ordine della Croce Spinata li paga, e loro eseguono. Ecco dove sono arrivati. Non riconoscono più il valore della Cultura e del Potere, ma solo quello del denaro. Espongono la Gilda a chiunque possa pagarli, e non esitano ad eliminare chiunque decida di non voler più essere un sicario da quattro soldi. Non sono io che ho dimenticato i Dettami. Sono loro che si impegnano attivamente per infrangerli tutti.
Al Tahir scosse la testa. Non voleva crederci, ma le prove erano lì, davanti a lui. L'Ordine era caduto, tradito dalla sua stessa stirpe, e l'unico suo fedele rimasto era nientemeno che il famoso signore dei Demoni.
Prese la sua decisione. Era un momento di crisi, e doveva agire come di conseguenza.
... Comprendo. Perdonami, Vladek. Avevi ragione e ti accusavo ingiustamente. Ora, però, permettimi di fare ammenda e portare a termine i miei doveri.
La sua mano si alzò sul sarcofago, che si scoperchiò, presumibilmente per mezzo di una qualche magia. Lo scheletro del Grande Maestro giaceva al suo interno.
La mano dello spettrò si mosse, e dalla corrispondente mano dello scheletro si tolse un anello, che decollò lentamente ed atterrò sulla mano di Vladek.
L'Ordine non è morto, e non lo sarà finchè un solo Hashashyn vivrà. Ti nomino Grande Maestro dell'Ordine, Vladek Turnadrom. Tu che hai dimostrato di seguire ancora, dopo tutto questo tempo, i Dettami, continua a proteggerli dal deterioramento dei nostri pronipoti.
Vladek non si aspettava nulla di tutto questo. Osservò l'anello, indeciso sul da farsi. In effetti, però, come notò ben presto, non aveva molta scelta.
... Così sia. Accetto il ruolo. Farò quanto in mio potere per portare avanti l'Ordine.
Al Tahir, ormai non più Grande Maestro, sorrise. Grazie, Vladek. Sapevo che un giorno o l'altro avresti preso il mio posto... Anche se c'è voluto più del previsto.
Si concesse una sana risata, e scomparve, probabilmente una volta per tutte. Il neo nominato Grane Maestro osservò il sarcofago, quindi lo rinchiuse e vi rivolse un silenzioso addio.
Infine, si voltò e se ne andò. I sentimentalismi non erano assolutamente per lui...
Lui, che adesso aveva ancora più da fare di prima.
codice scheda © poeta
 
Top
2 replies since 29/11/2011, 23:37   43 views
  Share