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| Sorrise alla ben poco velata presa in giro della preside. Voleva sentirsi dire altro, evidentemente, ma non era ciò che le aveva chiesto. Aveva ottenuto una risposta ovvia per una domanda che aveva tutta l’aria di essere altrettanto ovvia. Desiderava sapere qualcosa in più su di lei che non si spiegasse già da solo con i semplici fatti. Ronah non credeva che, però, nulla di quello che aveva da raccontare avrebbe interessato la Clacher, o forse si illudeva solo di potersi risparmiare una trafila di dettagli che infastidivano lei stessa.
Mentre raccoglieva le idee, lasciò che la preside aprisse una porta con una card e le facesse cenno di entrare. Non appena mosse il primo passo all’interno, capì che la stanza era già stata assegnata a qualcuno, forse proprio alla stessa Clacher. Tutto sommato l’ambiente non dispiaceva alla rossa: arredamento semplice, niente lusso né comodità superflue. Paradossalmente lo trovava molto accogliente proprio perché modesto. Incerta sul da farsi, chiuse la porta alle proprie spalle e decise di rispondere ancora, sperando invano che le domande terminassero presto. L’agitazione era evidente, ma cercò di mascherarla rifiutando l’impulso di incrociare le braccia di fronte alla preside in segno di difesa e tentando di non restare troppo rigida.
Sono stata un mercenario, ma ho avuto di che discutere col mio capo. Anche per colpa di questo.
Tamburellò un paio di volte sulla maschera con le dita, facendo schioccare il metallo al contatto.
Sono dovuta andare via, e ho pensato di arruolarmi qui.
Non stava mentendo, ma era chiaro come il sole che stesse cercando di indorare la pillola per non dare subito una pessima immagine di sé. Forse, però, quella mossa avrebbe avuto l’effetto contrario.
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